Cenni Storici

LA SEDE DEL CENTRO UNIVERSITARIO PADOVANO: PALAZZO TREVISAN-MION

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I PRIMI SECOLI

La storia di palazzo Trevisan è strettamente legata alla storia dell’espansione e del nuovo volto della città di Padova che, nel XV secolo, vede splendere le arti e le scienze, coltivate in un’università di fama e prestigio internazionali, ma anche una città dalle situazioni sociali critiche dopo il dominio carrarese, con assedi e conquista da parte della Repubblica di Venezia e con le conseguenze della peste.

In questo contesto anche la chiesa locale era mirata a restaurare una spiritualità debole e sconvolta: viene eretto il monastero di San Bernardino ad opera di alcune monache francescane, in un lembo di terra periferica, andando ad unirsi con il nucleo più antico della città.

Sarà proprio in quest’area, contrà san Bernardino, confinante con il monastero, che sorgerà Palazzo Trevisan, documentato già dal 1488.Il primo residente del palazzo è Benedetto Trevisan. I Trevisan erano una nobile famiglia di Padova, i cui membri erano ricchi possidenti di fabbriche rurali, di numerose chiusure di campi, sparsi nel territorio veneto, e di poste di mulini sin dal XIV secolo.

La configurazione planimetrica del palazzo, consistente nell’unione di due corpi di fabbrica, uno principale, che si affaccia sulla via, e uno secondario, interno alla corte, in posizione ortogonale rispetto al primo, sono molto probabilmente il risultato dei lavori di ristrutturazione che la famiglia, con Nicolò Trevisan aveva intrapreso all’inizio del XVII secolo, dando inizio a non pochi problemi per quanto riguarda i confini murari con l’annesso monastero e le conseguenti controversie legali.

Aspetto caratterizzante nei continui passaggi di proprietà tra i vari eredi, nel susseguirsi dei secoli, a partire dai figli e dal fratello del sopracitato Benedetto, è l’interesse comune della famiglia nel mantenimento dell’integrità strutturale e funzionale dell’edificio “dominicale”.

Queste successioni e passaggi avvengono in particolare durante la prima metà del XIX secolo, nel periodo dell’occupazione austriaca, che tra l’altro vedrà la demolizione della chiesa e del monastero di San Bernardino.

DAI TREVISAN AI MION

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A causa di una crescente quantità di debiti da parte dei Trevisan, nel 1855, il palazzo venne definitivamente venduto, terminando così la residenza plurisecolare dell’antica famiglia. In data 15 marzo 1914 il palazzo, ubicato nella via con nuova intitolazione “degli Zabarella”, viene venduto ai coniugi Romeo Mion, commerciante e bancario, e Giuseppina Brogato, nativi di Fiesso d’Artico.

Dalla consultazione del Censo Stabile del Catasto Italiano si evince che all’inizio del XX secolo l’immobile è registrato come palazzo dalle diverse destinazioni d’uso: una parte padronale e un’altra con uffici, garage e giardino data in affitto.

Quando Romeo Mion, già vedovo, muore nel marzo del 1935, il palazzo di via Zabarella viene ereditato dal fratello Alceste, dottore di chimica, laureato all’università di Padova. Gli anni della guerra, tra 1938 e il 1945, videro la stessa università coinvolta nelle lotte partigiane attraverso l’azione di studenti e insegnanti. La città, trovandosi in alcuni quartieri quasi polverizzata dalle bombe, viene coinvolta in un progetto di ricostruzione e trasformazione.

Seguono gli anni della ripresa economica e di fervente rinnovamento urbano e sociale. In questo quadro di trasformazione cittadina, riemergono però ancora una volta per palazzo Trevisan-Mion, problemi inerenti ai confini di proprietà, concluse sempre per vie legali.

IL LASCITO DELLA SIGNORA BISOTTI

Alla morte di Alceste, nel 1956, l’eredità passa definitivamente alla consorte Luisa Bisotti, la quale abiterà il palazzo fino alla sua morte, nel dicembre del 1965. Senza figli, lascia volontariamente ogni proprietà in beneficenza. L’apertura di quel testamento faceva in qualche modo rivivificare nella città di Padova quella carità cristiana, che aveva tempo addietro fatto sorgere il monastero di san Bernardino e il palazzo stesso.

Dopo aver destinato diversi milioni alle due case di pena e numerosi legati anche all’Università, attraverso l’istituzione di numerosi premi per le borse di studio tuttora esistenti, nell’ultima volontà testamentaria della signora Bisotti, in onore del marito Alceste Mion, si legge: “lascio il Palazzo in Padova, via Zabarella n. 26, all’Istituto Configliachi per i ciechi di Padova” scorporando il mobilio e l’arredamento ai congiunti rimasti.

L’Istituto Configliachi, pur compiacendosi del lascito, decide però di vendere all’asta l’immobile, molto probabilmente per la grande necessità di denaro necessario per far fronte alle diverse opere assistenziali a favore dei ciechi.

La vicenda della vendita di un palazzo così antico nel cuore del centro storico, destava però una forte preoccupazione negli ambienti culturali padovani; preoccupazione di tutela rivolta a mantenere l’integrità storica e architettonica e ad evitare che il palazzo fosse trasformato da secolare ambiente residenziale in moderni uffici o altro.

Così l’allora Soprintendenza ai monumenti di Venezia invitava l’Istituto a tenere presente gli articoli della legge in materia di alienazione di immobili vincolati, i quali potevano essere alienati solo dopo la preventiva autorizzazione del Consiglio Superiore delle Antichità e dei Beni Ambientali. Inoltre, sempre sotto disposizione di legge, non poteva subire alcuna modifica sia esterna che interna senza la preventiva autorizzazione della Soprintendenza.

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IL PROGETTO DELLA CHIESA DI PADOVA

In quello stesso tempo la Chiesa di Padova era in procinto di maturare nuovi progetti per la pastorale universitaria. A tal proposito, inizia negli anni 1967-1968 la ricerca di una sede fisica, un edificio che avesse una dislocazione centrale rispetto alle diverse ubicazioni dei diversi poli universitari, per consentire agli studenti delle diverse facoltà di avere un luogo d’incontro per condividere momenti di confronto e di dialogo.

Una serie di edifici adatti al progetto risultavano disponibili per un acquisto da parte della Curia Vescovile Padovana, senonché l’apertura ad una trattativa privata da parte dell’Istituto Configliachi per palazzo Trevisan-Mion, a seguito dell’insuccesso dell’asta, fece protendere la Curia all’acquisto di questo palazzo. Si costituisce così il CENTRO UNIVERSITARIO.

Tuttavia solo dopo sei lunghi anni di burocrazia per la trattativa e dopo il riconoscimento da parte del Consiglio di Stato, il 12 luglio 1974, veniva denominato il “Centro Universitario Padovano” con la firma dell’allora vescovo, il Mons. Magarotto.

Il Centro universitario nasceva così, prendendo spunto dal decreto conciliare Gravissimum educationis che richiedeva presso le università la formazione di centri dove sacerdoti, religiosi e laici potessero offrire assistenza spirituale e intellettuale ai giovani. Palazzo Trevisan-Mion vede dunque in questi anni un radicale cambiamento nelle destinazioni d’uso: da “casa per pochi” a “casa dell’accoglienza universitaria”.

Il Centro fin dal suo inizio venne affidato alla cura e alla direzione di don Cristiano Bortoli, al quale vennero associati in seguito altri sacerdoti come don Albino Bizzotto e poi don Giovanni Brusegan. Per questa nuova destinazione del palazzo, tra i vari rinnovamenti, nel 1973 veniva realizzata una cappella a piano terra (spazio oggi situato nella cripta), dove un tempo erano dislocati gli ambienti dell’attività amministrativa dei vecchi proprietari Mion.

Il piano nobile, con la sala principale e le altre sale adiacenti invece, venivano adibite rispettivamente a sala dibattiti e aule studio per gli studenti universitari (come ancora oggi).

IL CENTRO UNIVERSITARIO OGGI

Nel recente biennio 2003-2005, con la direzione dell’attuale presidente della fondazione e direttore del centro universitario padovano, don Roberto Ravazzolo, e l’aiuto di don Marco Barcaro, l’edificio è stato oggetto di un restauro e risanamento generale a causa del forte degrado della facciata e delle strutture interne, con nuove destinazioni d’uso e l’introduzione della residenza dottorale, per giovani laureati dediti alla ricerca e borsisti presso l’Università degli Studi di Padova.

Il Centro universitario, sia nella sua struttura fisica che in quella spirituale e culturale, si è sempre posto come “casa per il dialogo”, offrendo proposte aperte al mondo teologico e sociale e alle esperienze di spiritualità, invitando e accogliento nei suoi ambienti preziosi ospiti, tra cui David Maria Turoldo, Enzo Bianchi, Gianfranco Ravasi, Bernard Häring, Dacia Maraini, Paolo Ricca Erri del Luca, Vito Mancuso, Massimo Cacciari, solo per citarne alcuni pochi.

Nell’offrire nuovo spazio vitale alle “necessità umane di relazione e di dialogo alla luce della Parola di Dio” in ambito universitario e non solo, la realizzazione del Centro suggella quella funzione caritativa che la stessa Signora Bisotti esprimeva nelle sue ultime volontà, devolvendo inoltre parte dell’eredità proprio al mondo universitario con l’istituzione di numerosi premi.

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